Γηράσκω δ' αἰεὶ

 πολλὰ διδασκόμενος

 

A cura di

Beatrice Fanetti

 

 

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

γηράσκω δ' αἰεὶ πολλὰ διδασκόμενος

Solone

 

Su cosa sia un bravo professore si potrebbero scrivere trattati interi, si potrebbero trovare infinite descrizioni teoriche, tecniche e psicologiche, si potrebbero fare innumerevoli test a crocette e dissertazioni ben strutturate, ma c’è un metodo a mio parere ben più efficace: chiedere agli alunni.

E se questi, anche a distanza di anni, dicono che è “appassionato alla materia”, “giusto con i suoi allievi”, “preparato”, che ha anche una “bonaria ironia” e, in una lezione altrimenti “tosta” e seria, “sa anche far ridere”, e soprattutto “lascia un’impronta” sui suoi allievi, non serve altro per affermare che è un bravo professore. Tutte queste caratteristiche, e altre ancora, si possono trovare nel Professor Duccio Fanetti.

Dai primi mesi di supplenza (l’anno dopo la laurea) nel lontano 1977, quando tra il Duccio 23enne ed alcuni suoi allievi c’erano a malapena 5 anni di differenza, si è lasciato guidare dalla passione per quel mondo antico che tanto ama e che fin da subito ha cercato di trasmettere alle sue classi. Il nuovo ruolo di autorità nelle mani inesperte di un neo-laureato sarebbe potuto risultare pericoloso senza un sentimento di profonda giustizia che gli ha permesso di restare imparziale ed empatico, e questo sentimento lo ha accompagnato lungo tutta la sua carriera (le parole dei suoi alunni, fin dai primi anni, ne sono testimoni).

Gli anni di scuola da allora si sono susseguiti ininterrottamente, insegnando e imparando al tempo stesso. Sì, perché il prof. Fanetti che tutti conoscono oggi è il risultato di un costante scambio umano ed educativo con i ragazzi che aveva via via davanti: lui ha imparato a dosare le proprie pretese sulla conoscenza della materia, facilitando a volte dei compiti, o ricalibrando i voti per dare più sufficienze possibili (quante volte ho sentito provenire dalla sua scrivania o dal suo computer esclamazioni di dispiacere per un brutto risultato degli alunni in un test!) e gli studenti hanno imparato non solo concetti, date e filastrocche sulla metrica [e furbizia per copiare ai compiti!! J ], ma anche e soprattutto un metodo di studio e una capacità di affrontare le difficoltà che li accompagna tuttora nella vita adulta di lavoratori.

La parola che più spesso ho letto in questi contributi è “passione”. E non mi meraviglia affatto, perché è la persona più interessata al mondo (e non solo latino e greco!) che conosca. La sua professionalità ha permesso solo in alcuni casi di far emergere passioni esterne alla scuola, ma, proprio per questo, lo ha reso un professore così interessante agli occhi dei suoi studenti: che stupore quando qualcuno ha scoperto in lui un fedele contradaiolo dell’Aquila, un fan sfegatato di Tolkien e di Asimov, o un imbattibile conoscitore delle capitali di TUTTI gli Stati del mondo! E qualcuno potrebbe forse meravigliarsi se gli confidassi che possiede decine e decine di vocabolarietti di tutte le lingue del mondo e che si diverte a studiarne qualche parola ogni tanto? O che conosce la storia, sì antica, ma anche di una buona parte degli Stati del mondo? O che è stato, non solo uno dei primi iscritti dell’Associazione di cultura classica, ma anche del CICAP? O che (a parte il cellulare), è un grande appassionato di tecnologia e informatica?

Quello che forse nessuno sa (o di cui nessuno si è reso conto), ma che forse non stupirà, data la sua ironia, auto-ironia e facilità al riso, è che abbia partecipato alla primissima commedia del lontano 1972, e che, in quasi 40 anni di insegnamento al Liceo Classico E.S.Piccolomini, non si sia MAI perso una Commedia degli studenti. Per 34 volte si è seduto sulla poltroncina del teatro, prendendo il ruolo di ascoltatore in platea, invece che di insegnante in cattedra. Credo sia un record difficilmente eguagliabile. E tra tutte queste 34 volte si è offeso non quando era vittima di battute…ma le poche volte in cui non lo è stato! In fondo, la sua apparenza facilmente imitabile è stata spunto di bonari travestimenti in più di un’occasione, tanto che in questi anni non meno di 40 persone possono dire di essersi travestite da “Fanettino” almeno una volta. Anche chi scrive lo ha fatto, nella memorabile Commedia 2008 (vedi foto): immancabile maglione blu con colletto della camicia a vista, pantalone scuro, borsone dei libri (che col tempo è diventato un più comodo trolley), capigliatura corvina dai mille ricci, occhialoni da miope (la cui montatura si conserva curiosamente quasi identica dalla notte dei tempi) e pancia importante.

E poi ci sono i suoi migliori amici, senza i quali un giorno di lezione non può definirsi tale: i colorati, multifacce, multiformi, diabolici, bellissimi DADINI. Nei decenni le interrogazioni sono state innumerevoli e, salvo coscienziose classi in cui ha attecchito il metodo delle interrogazioni programmate, il sistema prediletto per estrarre a sorte gli studenti quel giorno al patibolo sono sempre stati loro, i dadi, tanto che sono evidentemente divenuti un suo ennesimo carattere distintivo. Per dare un piccolo dietro-le-quinte agli studenti che hanno contribuito a questa raccolta, e per aumentare la loro nostalgia, riporto qui dei curiosi germogli che crescono nella libreria del loro amato professore.

 

 

 

Che dire? Il professor Fanetti è unico, non solo come insegnante, ma anche umanamente. E il fatto che le persone che hanno voluto partecipare a questo volume siano così tante ne è una dimostrazione più che evidente. Ha lasciato un segno su generazioni di studenti, e continuerà sicuramente a farlo anche dalla “panchina” della pensione.

Ed ora…che il nostro viaggio tra i ricordi abbia inizio…

Beatrice Fanetti