1980-81

Liceo Classico A. Poliziano di Montepulciano

IV B

 

Un anno bello e terribile

 

L’impatto con la IV ginnasio fu devastante.

Abituate alle tranquille realtà scolastiche dei rispettivi paesi, San Quirico d’Orcia e Sinalunga, di botto ci trovammo catapultate nella vita dello studente pendolare: sveglia all’alba, corriera, sbarco collettivo a Montepulciano assieme a centinaia di altri adolescenti i quali, chi da S. Agnese e chi, come noi, da Porta Farina, arrancavano zaino in spalla verso i rispettivi licei.

All’epoca - era il 1980 - il Liceo Classico Agnolo Poliziano si trovava ancora nell'antica e prestigiosa sede della Fortezza, nel punto più alto della cittadina. Varcata la soglia, dove ci attendeva la sagoma bitorzoluta ma benevola del custode Cavallicci, entravamo in una dimensione fatta da ore e ore di grammatica latina e greca, italiano, storia e geografia: tutte con la stessa insegnante.

All’uscita di nuovo corriera, pranzo e compiti, compiti, compiti. Il caso volle che, in una classe composta per la quasi totalità da sconosciute (eravamo quasi tutte femmine), noi due finissimo nello stesso banco, standoci in un primo momento reciprocamente antipatiche.

Il professor Fanetti arrivò dopo qualche settimana dall’inizio dell’anno scolastico, a sostituire la precedente insegnante, che prima di essere trasferita aveva fatto in tempo, interrogando sull’alfabeto greco, a mettere un 4 ad Andreini, drammaticamente la prima del registro. Salvi l'aveva scampata alla grande.

Alto e rotondo, tradizionale nel vestire e un po’ goffo di movimenti, con occhialetti da miope e un cespo di capelli crespi e scuri, Duccio (come lo chiamavamo tra noi a sua insaputa) aveva solo 26 anni: a noi sembrava vecchissimo. Era alla sua prima vera supplenza, anche lui pendolare da Siena; l’orario prevedeva ben 18 ore settimanali assieme, con il criminale picco del sabato, quando avevamo “5 ore di Duccio”.

Il venerdì pomeriggio erano lacrime e sangue.

Sin dai primi giorni il penoso futuro che ci attendeva fu infatti abbastanza chiaro, anche se la certezza della situazione in cui ci eravamo cacciate scegliendo il Liceo Classico la avemmo il giorno in cui ci vennero spiegati – e regolarmente chiesti alle interrogazioni - i rapporti tra le declinazioni in greco antico e in sanscrito.

Duccio interrogava estraendo a caso due nomi per volta, rigorosamente alla cattedra, azzerando così qualsiasi possibilità di sbirciare appunti, libri, fogliettini: praticamente nessuna via di scampo.

Anche le materie apparentemente facili potevano terminare in un bagno di sangue: le interrogazioni di geografia si concludevano con una mitragliata di domande botta e risposta (una al malcapitato in piedi a destra della cattedra, una a quello a sinistra, e via di nuovo a raffica) su capitali, superficie, numero di abitanti e densità per kmq di tutti gli stati dell’Africa. Anche il Gambia, il Ghana e il Gabon.

Durante l’interrogazione il professore appoggiava i gomiti sulla cattedra e giocherellava con una penna: quando la lasciava cadere di botto sul piano sapevamo di avere detto una cazzata. Agli scritti il range di voti andava da 1 al rarissimo e quasi impossibile 9, il 10 non era previsto. Cadevano teste.

 

Ma la descrizione appena fatta non tragga in inganno, perché la ristrettezza dei voti e l’apparente perversità delle interrogazioni, oltre che accompagnarsi ad una incontrovertibile equità di giudizio, erano perfettamente compensate dalla preparazione, dalla passione e dalla capacità di farci interessare a qualsiasi argomento. Perfino il “Morgante” di Luigi Pulci era diventato piacevole, anche grazie al fatto che Duccio mimava in modo faceto, a scapito delle calotte craniche dei disattenti, il “gran punzone” con il quale il protagonista dell’opera, lottando con un branco di cinghiali, “gli infranse in su la testa fino all’osso”, lui se la rideva sotto i baffi e noi accettavamo di buon grado lo scherzo.

Durante quell’anno bello e terribile per tutti noi si era infatti instaurato un rapporto di grande stima e affetto reciproco, forse perché nella nostra incosciente lucidità di adolescenti avevamo capito che la fatica durata allora sarebbe stata ricompensata nel tempo. A Pasqua gli regalammo un enorme uovo di cioccolata, per scoprire, al rientro dalle vacanze, che Duccio sarebbe stato assente per alcuni giorni a causa di un attacco di mal di pancia…coincidenze?

Della gita a Ravenna e a Classe, forse l’immagine più intensa è quella di un giovane professore che passeggia a fine giornata sulla spiaggia con un gruppo di allieve adolescenti.

Sopravvissute alla IV ginnasio senza insufficienze, ci ritrovammo a Montepulciano il settembre successivo, ma dopo poche settimane il professore si presentò in classe con un gran vassoio di paste: le aveva portate per “consolarci” del fatto che finalmente aveva ottenuto l’agognato trasferimento a Siena.

Altri insegnanti si succedettero, nuove lezioni furono tenute, molte meno cose imparate.

Nella primavera del 1983 arrivò in classe la partecipazione delle sue nozze e ci sembrò carino portargli tutte assieme un regalo – un servito di piatti bianchi con un volo di farfalline gialle e arancioni - scelto proprio da noi due. Ci accolse a Siena, nella sua casa da scapolo, attorniato dalla mamma e dalla nonna che ci avevano preparato un fantastico rinfresco; fu contento della nostra visita e ci mostrò con orgoglio la teca nella quale custodiva una riduzione in scala della comparsa dell’Aquila.

Da allora molto tempo è passato, ma il ricordo del professor Fanetti e dell’anno che trascorremmo insieme è sempre restato vivo per entrambe, consapevoli che i suoi insegnamenti ci hanno regalato una base di conoscenza che ci ha accompagnate nei nostri percorsi di studio e di vita.

Buona pensione Professore!

 

Laura Andreini

Ada Salvi

 

 

 

Io non rappresentavo proprio l’ideale di allievo del Classico ma il professor Fanetti ha saputo farsi amare anche da uno come me, che, come traduzione dal Greco e dal Latino, non era proprio il massimo. E l’ha fatto grazie al suo animo positivo; lui credo avesse poca esperienza allora, e non è facile farsi voler bene da dei quattordicenni.

E nessuno negli anni successivi mi ha massacrato, a ragione, come ha fatto lui.

E nonostante questo, l’ho sempre stimato e ne custodisco un ottimo ed affettuoso ricordo, anche dopo quasi 40 anni. Però qualche compito lo copiavo…e a 14 anni ne andavo fierissimo.

La nostra è stata una classe indimenticata, con un solo maschio e due future suore Agostiniane, gemelle. Da lui mi sono sentito capito, non sempre dalle mie quindici giovani arpie. Forse per questo i prof erano “morbidi” nel trattare un ragazzo in piena tempesta ormonale, anche se severi nei giudizi, come Duccio Fanetti.

Vi assicuro che quando fu trasferito a Siena alla fine della IV Ginnasio, dispiacque a tutti noi.

Non voglio scivolare nel banale e nello scontato, non è riuscito ad insegnarmi il Latino ed il Greco, ad impossibilia nemo tenetur, ma è l’insegnante che vorrei per i miei figli.

A Montepulciano abbiamo avuto altri buoni professori, ma lui è riuscito, involontariamente forse, a farsi ricordare.

Un forte abbraccio carico di stima.

 

Giuseppe Mangiarotti