1989-90
Liceo Classico “E.S.Piccolomini” di Siena
III C
Fanettin, Fanettin, viva Fanettin!
Assomigli a tutti noi, sei furbo e birichin
e perciò noi gridiam, viva Fanettin!
Solo tu – Fanettin! –
puoi capir – Fanettin!
i mille e mille sogni di un bambin, ah! ah! ah!
Noi gridiamo in coro, evviva, evviva, urrà, sì, sì!
Fanettin, Fanettin, viva Fanettin
Penso che sia uno dei
pochi professori che sinceramente mi amava al Liceo, oltre alla
Professoressa De Nardis naturalmente, anche se in materie del tutto
agli antipodi (greco e matematica). La grammatichina e la metrica
sono le sue ossessioni ed a cascata erano anche le nostre.
I compiti in classe
erano una delle più alte forme di gioco di squadra che una classe di
superiori abbia mai visto. Il giorno prima del compito veniva
disegnata la “formazione”: ogni banco, ogni alunno, doveva avere una
posizione precisa in classe, con distanze inter-banco misurate al
millimetro, questo serviva al passaggio della “versione” una volta
scovata nel “traduttore”. Un alunno di cui non posso fare il
cognome, ma solo il nome, Vanni, aveva acquistato tutti i traduttori
esistenti sul mercato su tutti i principali autori greci e latini
usati dal Fanettin. Il giorno del compito arrivava a scuola con tre
zaini pieni e distribuiva i libretti, rigorosamente un autore per
ogni alunno, in modo tale che, appena ci veniva consegnata la
versione, immediatamente sapevamo chi aveva il traduttore di
quell’autore. All’inizio del compito cominciava l’opera di
copiatura: ognuno aveva 4 fogli di carta carbone, in modo che,
mentre ricopiava la “versione” sul proprio foglio, automaticamente
ne generava altre 4 copie, da consegnare rispettivamente ai compagni
che nella “formazione” si trovavano a nord, sud, est, ovest. A loro
volta i compagni, non appena ricevevano la versione, iniziavano
l’opera di copiatura in modo che, dopo circa un’ora, tutti i
compagni avevano una copia della “versione”. A volte però la
versione non veniva trovata, nemmeno su tutti i traduttori
esistenti, e allora ci si doveva aggrappare alle proprie capacità:
“Te, Marchini (ho usato un nome di fantasia), non capisco come mai,
ai compiti di Greco una volta prendi 9 e quella dopo prendi 3, poi
di nuovo 9 e poi ancora 3….”
Anche le
interrogazioni “programmate” non erano uno scherzo; ci si
organizzava con il “salatino tattico” il giorno prima per ritrovarsi
con il compagno in biblioteca a studiare tutto il giorno e poi la
sera a fare “nottata” bevendo i primi caffè per prepararsi a memoria
le traduzioni dei “frammentini” dei lirici greci. Un espediente che
risultava molto efficace era quello di segnare la metrica sul libro
con punti di lapis che poi venivano cancellati lasciando dei segni
in rilievo. Solo i nostri giovani occhi riuscivano a leggere in
controluce quei punti!
Nonostante tutte
queste difficoltà ed ostacoli, a qualcuno è riuscito ad instillare
una sana passione per il latino e il greco. A proposito ricordo
Tobia che dopo la maturità aveva deciso, come poi ha fatto, di
iscriversi a lettere antiche; quell’estate ad Agosto eravamo in
Grecia, per la precisione a Samo, per la precisione a Pythagoreio
Õuqagoreio (con il Fanettino bisogna essere precisi!) e
Tobia alle due del pomeriggio, sotto il sole cocente dell’Egeo,
passava il tempo a ricopiare epigrafi da lapidi del locale sito
archeologico. Noi ovviamente lo prendevamo per il culo; come si sa i
ragazzi a quell’età sono del tutto impietosi…
Un altro episodio
della maturità che ricordo è che, una volta uscite le materie
dell’orale, tra cui c’era il latino, il Fanettin non poteva
sopportare che gli studenti smettessero di studiare il greco e si
dedicassero solo alla materia d’esame. Siccome le materie venivano
comunicate a Marzo, per noi era un bel risparmio! Allora il Fanettin
escogitò un compito scritto su tutto il programma dell’anno di
Greco; il compito doveva esser fatto una settimana prima della fine
della scuola L.
Allora io e Tobia ci organizzammo, uno studiò la prima parte del
libro, l’altro la seconda parte, e al compito ci sedemmo vicini e
poi ci scambiammo le risposte, ognuno sulla sua parte di
competenza.
In sostanza, quello
che di buono ci ha insegnato, credo, è di collaborare per superare
gli ostacoli che ogni volta ci proponeva e sinceramente, credo che
da solo non ce l’avrei fatta. Ho sempre creduto che anche lui se ne
renda conto, perché non era possibile che non vedesse i fogli che
volavano da un banco all’altro o che pensasse che l’ultimo giorno di
scuola ci studiassimo tutto il libro di una materia che non faceva
parte dell’esame di maturità.
Con tutti i difetti e
le fissazioni che puoi avere, grazie Duccio, che ci hai un po’
insegnato a vivere.
Fanettin, Fanettin, Fanettin,
Fanettin - Son contento ed orgoglioso d'esser nato Fanettin
Alvise
Vasconetto
Anche se sono passati
trent’anni da quando ho finito il Liceo e quindi nel tempo ho perso
la lucidità dei fatti, del professor Fanetti ricordo che era un uomo
molto appassionato della sua materia, e che ci faceva, sì, paura, ma
che nel contempo era un uomo giusto, pronto a rivedere i giudizi
sugli alunni sia nel bene che nel male. E considerando che molti
professori avevano preferenze spudorate, o viceversa, questo è un
bellissimo complimento.
Marianne BuonI
Settembre 1987, per
me I Liceo, dopo il Ginnasio. Il Prof. Fanetti fa il primo appello
dei molti che seguiranno. Alla fine, rivolgendosi a me e a Vanni Giovannelli, entrambi Panterini freschi di vittoria, ci disse: "Papageorgiu
e Giovannelli, circola voce che siate della Pantera.... avete goduto
d'estate.... patirete d'inverno!". Così si presentò il nostro Prof.,
il grande Duccio che ho nel mio cuore.
Alessandro Papageorgiu
Fanettinotta(n)tanove
- Ottime ed abbondanti le interrogazioni programmate di greco con
relative mattinate di saltino di studio alla biblioteca
dell’Università, e annessa nottata (fanettinottata)
- La ubris, la
catarsi e la ftonos ton teon della tragedia greca vissuta
sulla propria pelle (altro che Wikipedia)
- Nei compiti si copiava con un sistema di équipe
all’avanguardia (poi dicono che la scuola italiana non insegna il
lavoro di squadra...)
- Schiocco di dita e
tic durante i compiti in realtà, ho capito dopo che erano uno
scandire compiaciuto dei formidabili processi della copiatura di cui
lui segretamente godeva immedesimandosi in un grande direttore
d’orchestra. (stress-team-inventiva-regia occulta ....troppo
avanti!)
- La metrica greca
incisa col compasso si vedeva solo controluce con un angolo di luce
al neon di 30 gradi. (rudimenti di fisica)
- Nella mia mente
adolescenziale non appariva intriso della comune retorica ideologica
e, in mezzo a tanti prof un po’ frustrati, sembrava più spontaneo,
quasi un bambinone. Comprese certe sue perfidie e sue pruriginose
allusioni catulliane...(zuzzurefanettone)
- Figliolo di Baffo,
gravemente ed irrecuperabilmente dell’Aquila. (In mia presenza mai
in prima fila...ci stava che ne buscavo)
- non mi ha mai
rimandato quindi era senza dubbio dotato di pietas (forse)
Vanni
Giovannelli
|