1995-96

Liceo Classico “E.S.Piccolomini” di Siena

III C

 

Caro Prof,

quanti anni sono passati da quel lontano 1996, quando presi il diploma nella terza C. Tanti anni sono trascorsi e tante cose sono successe, ma le risate che ci siamo fatti anche con Lei, pur sempre severo e talvolta un po' folle nel suo amore per il greco, mi ritornano ancora in mente.

Io e Silvia Guerrini siamo state impareggiabili amiche e compagne di banco per tutto il liceo, ed ancora oggi, seppur lontane, ci sentiamo e talvolta ricordiamo i tempi in cui passavamo le serate a studiare insieme latino e greco, e leggevamo per ore quella tremenda metrica che Lei controllava controluce per assicurarsi che non fosse visibile!

Ricordo ancora mia mamma ai fornelli, lei che è contabile, aprire il Rosati a caso e chiedermi la traduzione.

Che anni di duro studio (e anche un po’ di sano terrore), quando scorreva il suo dito sul registro per interrogare! Ma poi ricordo anche quella bella giornata trascorsa nella sua casa in campagna, e le sfuriate che ogni tanto faceva a Sandro Di Simplicio (episodio della cimosa compreso! che ridere...)

Nella vita poi ho deciso di affrontare altro dal latino e greco, ma gli anni di fatica mi sono serviti per affrontate a testa alta la laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, io che venivo dal classico, beffeggiata da chi aveva frequentato scientifico o perito chimico.

Insomma in quegli anni forse l’avrò anche un po’ odiata, per tutte le nozioni che ci faceva imparare, ma poi sono stata ripagata con un metodo di studio ed una tenacia che non mi fa sentire stanchezza, anche oggi che lavoro in un’azienda farmaceutica.

Grazie di tutto e Buona Vita!

 

Camilla Ardinghi

 

 

 

 

 L’ultima volta che abbiamo parlato, Caro Prof, eravamo in Piazza del campo nei giorni del Palio di Luglio del 1996, dopo i miei esami di maturità - che a dirla tutta, non furono proprio un successo …presi un triste 49, io che ambivo a un 60! - ma le sue parole e la sua fermezza nel pronunciarle, lei non può saperlo, mi furono di aiuto per gli anni a venire “Avrai tante soddisfazioni nella vita e all’università, ne sono sicuro”!

Ebbe ragione.

Ho pensato a lei spesso negli anni (non ultimo un anno fa quando alla tenera età di 40 anni mi sono messa a studiare per prendere l’abilitazione da Dottore commercialista e revisore contabile, e l’ho presa) perché la tenacia nello studio, la volontà di capire e ricordare sempre tutto quello che leggevo, il riuscire a stare seduti per ore a studiare, credo proprio che sia stato Lei in qualche modo a “infonderle”, come metodo di studio, ma anche come metodo di pazienza, perseveranza e consapevolezza nella mia vita.

Di questo La ringrazio.

Ricordo con affetto Lei che consegnava i risultati dei nostri compiti, chiamando dal voto più alto a quello più basso e apposta si dimenticava di chiamarmi dopo il voto 4… “e poi c’è Guerrini, mi ero dimenticato, ha preso 8”. Quante risate e che colpi al cuore!

Ricordo quando presi una pausa di qualche settimana per andare a New York a danzare e lei mi interrogò chiedendomi di coniugare il verbo βάλλω (….mi ricordo ancora la coniugazione J).

Ricordo la cimosa che tirò a Sandro Di Simplicio e soprattutto ricordo la sua espressione quando Sandro gliela tirò indietro sul maglione nero e il suo “Cosa hai fatto?” con un’intonazione da film di Rambo.

Ricordo la giornata trascorsa a casa sua in campagna: invitò la nostra classe e prima di allora, ci disse, era successo a un’altra sola classe nella sua storia; questo fu per me e per tutti noi della terza C, grande motivo di orgoglio!

Sono passati 22 anni da quando ho finito il liceo (anzi il “Liceone”) e se ripenso a quel periodo della mia vita tra tutti i professori che ho incontrato, forse proprio Lei, caro Prof. Fanetti, più di ogni altro simboleggia quello che per me ha significato frequentare quel liceo.

Semplicemente GRAZIE.

 

Silvia Guerrini

 

 

 

 

 

Mi ricordo ancora di quando fece da arbitro alla bandierina animata che abbiamo giocato sul far della sera a bordo piscina di un albergo loschissimo ma lussuosissimo nella gita in Sicilia, azzarderei classe IC, se non ricordo male. Grandissime risate e un'atmosfera piuttosto surreale...

 

Elettra Fusi

 

 

 

 

 

Il Prof Fanetti, o per meglio dire “Duccione”, come lo chiamavamo tutti, è stato uno di quegli incontri che nella vita sono difficili da dimenticare.

Professore attento, severo ma giusto e con quel pizzico di allegria che tirava fuori nei momenti difficili per risolvere qualche intoppo. Il suo stile era inconfondibile, come del resto il suo inseparabile golf blu che indossava regolarmente.

Credo di poter affermare senza dubbio di smentita di aver sempre avuto un ottimo rapporto con lui; di certo non mi ricorderà come lo studente modello con la media del 9 (…quello era Giovanni Cossa), ma fra studio, impegno e qualche stratagemma (eh sì caro Duccio, ora a distanza di 20 anni posso confessare che quando all’interrogazione mi coprivi le note della pagina di destra non avevi pensato che quelle relative al quel testo fossero scritte in quella di sinistra) ho sempre tirato avanti. Ma se dovessi chiedergli un episodio da associare al mio nome credo che il seguente sarebbe quello giusto.

Lezione di greco, come al solito mi facevo gli affari miei e regolarmente venivo ripreso; chiedevo scusa, mi zittavo cinque minuti e poi via di nuovo a chiacchierare. Duccio aveva tre livelli di pazienza; al primo ti guardava male, al secondo ti richiamava davanti a tutti, al terzo ti tirava la cimosa. In quegli anni al Liceo ho visto passare più cimose che alunni su e giù per quelle aule.

…e quel giorno toccò a me. Al terzo richiamo partì una cimosa che, essendo io in ultima fila, feci in tempo a scansare prima di essere preso.

“Ridammi quella cimosa!”, tuonò, evidentemente non contento del risultato ottenuto.

Io da buono studente quale ero non ho fatto altro che eseguire l’ordine. Ho preso la cimosa e dall’ultima fila, gentilmente, l’ho “passata” a Duccio come richiesto. La cimosa ha iniziato una parabola lenta ma inesorabile; tutti, compreso lui, la guardavamo immobili come se già ci fossimo immaginati quello che stava per succedere da lì ai successivi due secondi.

La cimosa atterra in mezzo alla scrivania, rimbalza e…boom, colpisce di piatto il centro esatto del maglione blu in una esplosione di gesso per poi fermarsi ancora sulla scrivania.

Tre secondi di gelo; non solo nessuno che parlasse, ma ho come l’impressione che nessuno stesse neppure respirando in attesa di quello che sarebbe accaduto.

“Cosa-hai-fatto!” con voce profonda quasi venisse da un girone Dantesco

Il fatto era così oltre ogni immaginazione che Duccio non dovette dire nulla; indicò la porta con un dito ed io già sapevo che la mia strada a quel punto portava dal Preside.

Ovviamente dopo cinque minuti tutto era finito in risata, ma sempre e per sempre ricorderò lo sguardo gelido e quelle tre parole “cosa hai fatto”.

 

Sandro Di Simplicio