2011-12

Liceo Classico “E.S.Piccolomini” di Siena

III B

 

Parlare del Professor Duccio Fanetti non è facile, perché come si può, in poche righe, racchiudere l’importanza di colui che è stato a dir poco un’istituzione per il Liceo classico, una persona che ha contribuito a rendere così prestigioso il nostro Liceone?

Posso senza dubbio dire che il professor Fanetti è un professore che ama profondamente le materie da lui insegnate e che riesce a trasmettere questa passione ai suoi studenti con grande facilità; ricorderò sempre con piacere le sue lezioni di letteratura, soprattutto quelle sulla tragedia greca, perché offriva un’analisi critica dei personaggi da noi studiati non tralasciando l’aspetto psicologico. Sebbene abbia poi deciso di percorrere tutt’altra strada per il mio futuro accademico, sono stata lieta di vedere che i suoi insegnamenti mi sono tornati utili per sostenere il mio primo esame all’università (Diritto romano), e per questo gli sono immensamente grata.

Averlo avuto come professore è stata un’impresa, forse la prima dura impresa di tante altre che ho dovuto e dovrò ancora affrontare, ma nel bene e nel male lui mi ha insegnato molto, in ultimo e forse più importante mi ha insegnato l’importanza di dedicarci a ciò che davvero ci entusiasma nella vita e di farlo al meglio delle nostre possibilità cercando di trasmettere questa passione a più persone possibili. 

 

Chiara Marilli

 

 

 

I dadi dalle mille facce con cui estraeva gli alunni da interrogare, i letali test che hanno mietuto generazioni di studenti -il sottoscritto non ricorda di aver mai preso più di 5.5, oltre ad aver assistito ad un -2 inflitto ad uno sventurato che evidentemente non aveva scritto correttamente nemmeno il proprio nome-; la lettura metrica, che era ed è rimasta un mistero per molti (Ettore mai ritornò, l’uccisero l’armi d’Achille). La lista sarebbe ben più lunga ed articolata, abbracciando anche versioni riadattate perché “altrimenti troppo facili” o interrogazioni che possiamo definire -con benevolenza- minuziose. 

Ma al di là di informazioni e dati imparati e -ahimè- poi dimenticati, ciò che rimane è il ricordo di lezioni appassionate, di un Professore che è riuscito a fare di serietà e dedizione la sua cifra, riuscendo spesso a trasmettere ai suoi alunni la sua passione per la cultura e il mondo classico a lui così caro e così caratterizzante il nostro amato Liceone.

Un caro saluto 

 

Guido Comporti 

 

 

 

Caro Prof,

saputa la notizia della sua pensione è venuto naturale prendersi un momento e far riemergere dagli angoli della memoria i piccoli eventi di una vita liceale di qualche anno fa e andare alla ricerca (nello scaffale più alto della libreria) dei vecchi quaderni.

Adesso le nostre strade di alunni, compagni e ragazzi del Piccolomini, ci hanno portato lontano: avvocati, dottori in lettere, qualche ingegnere (pochi, da bravi classicisti!), dottori in lingue, medici, musicisti, dottori in fisica, qualcuno di noi già lavora; ma quando ti guardi indietro, siamo sempre un po' gli stessi, i ragazzi della sezione B, ognuno con il suo posto nella grande aula che dava sull' Orto dei Tolomei; e torna sempre tutto alla luce.


Ricordiamo la prima volta che venne in classe e ci disse che "la prossima lezione" ci avrebbe fatto le foto per ricordarsi di noi ai colloqui, così, da bravi adolescenti, facemmo attenzione a come ci saremmo vestiti (almeno noi ragazze, io me lo ricordo ancora: felpa bianca e sciarpa azzurra), ricordiamo le prime schede sugli usi dei latini, la pagina difficilissima sulle radici delle parole per vedere le affinità tra sanscrito, latino, greco...: "come si dice cuore in tedesco?"
Ricordiamo il famigeratissimo dado! A 30 facce, che tanto ci spaventava; ricordiamo i volti dei nostri compagni di banco, e tutti che pregavamo di non uscire a sorte, mentre il silenzio calava e solo il rumore del dado sulla cattedra si sentiva. Ricordiamo come, dopo qualche tempo che ci conosceva, ci vide in difficoltà (appena usciti dal Ginnasio come eravamo), così ci propose di responsabilizzarci e di fare le interrogazioni programmate... questo ci permise di dar prova, per primi a noi stessi, di quello che potevamo fare e di presentarci preparati all' interrogazione, al meglio che potevamo.
Ricordiamo la gioia per le versioni in cui eravamo andati bene, ricordiamo quando, finito di tradurre, consegnavamo il foglio, poi di corsa sulla rampa vicino ai bagni a confrontarsi: "Te come hai messo?" "Ma chi era che arrivava a cavallo? Cesare vero?!" "Che fortuna sul GI questa frase c'era!" "No zitti non ditemi niente, se no mi viene l'ansia".

Ricordiamo il test di fine quadrimestre che tanto ci spaventava, ma che era anche un momento di prova personale grandissima: sapevamo che, se "il test del Fanetti" era andato bene, allora eri un alunno che ne sapeva davvero di letteratura, ma se era andato davvero molto bene allora voleva dire che ne sapevi almeno quanto un normale insegnante di latino e greco, perché nessuno ne sa quanto il Prof. Fanetti, e se il suo test l'avevi fatto bene potevi sentirti alla stregua di un laureato, o almeno a quella di un degno allievo della scuola di Atene!

La prima volta che al test ci fu un 10 in classe, la cosa più bella fu vedere quanto ne era felice Lei, professore, ma era sempre così, perché era sempre fiero di noi quando riuscivamo a fare un lavoro davvero buono.

 

Qualche volta l'abbiamo delusa, lo sappiamo, ci fu un momento (l'epoca buia della IB, anno 2009-2010) in cui la nostra media in greco scritto fu del 4,75. Poi però, un po' per i nostri sforzi ma, ne siamo certi, un po' perché Lei ricalibrò i suoi standard su di noi, la cosa non si ripresentò più.
Ricordiamo con quale amore e quale dedizione si dedicò ad insegnarci il pensiero degli antichi poeti: non si limitava a raccontarci per sommi capi il loro pensiero, ma con profondità ci faceva entrare nella loro personalità, nelle loro vite; così Giovenale non era solo il poeta delle Satire, ma era anche colui che, in mezzo alla sua opera, nascondeva il pensiero profondo del "vitam impendere vero" (Giovenale, Satira IV, 91, ancora attaccata nella camera di qualcuno di noi).

Sa che a distanza di anni, riesco ancora a leggere in metrica?! Magari cose semplici, (come i più famosi “Carmina” di Catullo, che è ancora bello rileggere a distanza di anni e sentirne la musicalità), ma le sue filastrocche "tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino o lo zampín (perché non era lo stesso verso!) ci hanno permesso di imparare più facilmente allora e ci permettono di ricordare ancora (spero correttamente!) dopo tutto questo tempo.

Molti di noi, che non fanno più studi affini, in realtà qualcosa di queste cose tanto belle quanto difficili ancora le ricordano, ci ricordiamo!


Di certo Professore ricordiamo l'assoluta dedizione con cui ci insegnava, la grande serietà, la sua presenza, l'integrità, la fermezza con cui l'ha fatto, persino nell'anno più duro per Lei.

La ringraziamo davvero, La ringraziamo perché le strade dei suoi ragazzi della IIIB adesso sono quelle di giovani uomini e donne che vivono vite diverse, ma questo amore, questa passione, il grado di profondità e di dedizione nel proprio mestiere, queste cose che abbiamo visto in Lei, sono rimaste in ciascuno di noi.

Molti dettagli che Lei ci ha insegnato, ecco, può darsi che siano andati perduti, ma Le assicuriamo, perché in cuor nostro lo sappiamo, che aver avuto la possibilità di conoscere le menti degli uomini antichi, il loro cuore, le battaglie del loro animo, aver solcato così profondamente lo spirito dei padri del nostro Occidente, ci dà oggi modo di amare di più il nostro paese, amare di più la nostra storia, amare la nostra cultura, ci dà la grande responsabilità di essere uomini e donne degni di questa terra, figli degni di questi padri.

Le siamo grati perché questo è un insegnamento per la vita.

Le siamo grati perché la puntualità e la profondità della conoscenza che ci richiedeva, hanno fatto breccia in noi come alunni e come amici, obbligandoci ad essere collaborativi, perché dove uno non ricordava, l'altro lo poteva aiutare.

Le siamo grati perché, eravamo ragazzi, ma con Lei abbiamo imparato a cadere e rialzarci.
I ricordi più belli e sereni della mia vita sono in quella classe, sappiamo tutti come quegli anni al liceo abbiano forgiato le nostre persone: i medici, avvocati, professori, fisici, ingegneri, musicisti, madri, padri, persone di scienza e coscienza che diventeremo, dipendono anche da tutto questo, dipendono anche da Lei.

Grazie davvero.

 

Con affetto i suoi allievi,

Maria Lapi

e la IIIB 2011-2012